alessandra2767
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Inserito il - 25 febbraio 2007 : 20:48:43
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Buona lettura
Alessandra
LO STUDIO “GISSI PREVENZIONE” 8/5/2001
Le prime osservazioni sull’azione salutare degli acidi grassi poliinsaturi Omega 3 di origine marina risalgono alla fine degli anni ’70, quando uno studio epidemiologico presso le popolazioni Inuits, dalla dieta ricchissima di pesce, evidenziò che gli abitanti della penisola artica avevano un cuore di ferro: l’infarto a quelle latitudini era un evento del tutto eccezionale. Da allora sono stati portati a termine molti studi clinici per confermare l’effetto cardioprotettivo di queste sostanze. Sull’ultimo numero della rivista americana Current Atherosclerosis Reports compare un articolo che fa il punto della situazione. L’autore, il prof. W. Harris, direttore dell’Heart Institute presso il Dipartimento di Medicina dell’Università del Missouri-Kansas, afferma che “Degli ultimi tre studi randomizzati sugli Omega 3, il più convincente dal punto di vista scientifico è il GISSI Prevenzione. Gli Omega 3 riducono del 20% la mortalità totale, del 30% la mortalità cardiovascolare e del 45% il rischio di morte improvvisa nei pazienti già colpiti da infarto”.
Lo studio è quello del Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell'Infarto miocardio (GISSI); condotto dall'ANMCO, Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri insieme all'istituto Mario Negri di Milano, è stato coordinato dal Consorzio Mario Negri Sud. Il responso positivo sugli Omega 3, pubblicato su The Lancet (agosto ’99), è stato annunciato nel corso del convegno dell'American College of Cardiology (ACC) a New Orleans. L’obiettivo dello studio, partito nel 1993, era verificare se e in quale misura interventi farmacologici mirati a fattori diversi e verosimilmente complementari di rischio aterosclerotico/trombotico potessero migliorare il profilo di sopravvivenza, di morbidità, di qualità della salute di pazienti sopravvissuti alla fase ospedaliera dell'infarto miocardico acuto. Lo studio ha coinvolto oltre 11 mila pazienti dimessi dall'ospedale e in terapia standard (aspirina, ACE-inibitori, beta-bloccanti, ecc.), divisi in 4 gruppi. Oltre alla terapia standard ottimale (somministrata a tutti i pazienti dei quattro gruppi secondo necessità), il primo gruppo riceveva in più una capsula di un farmaco contenente acidi grassi poliinsaturi Omega 3 (in particolare gli acidi eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA)); il secondo gruppo riceveva invece vitamina E; il terzo gruppo riceveva sia gli Omega 3 che la vitamina E; il quarto gruppo riceveva placebo oltre alla terapia standard. Coloro che hanno ricevuto in più il farmaco contenente Omega 3, con o senza vitamina E, hanno ottenuto i risultati migliori. Dopo 3 anni e mezzo di follow-up, nel gruppo trattato con Omega 3, rispetto al gruppo di controllo trattato con placebo, si è registrata una riduzione del 20% della mortalità totale e del 45% del rischio di morte improvvisa. Questo dimezzamento del rischio è verosimilmente dovuto a un effetto antiaritmico fisiologico degli Omega 3, che diventa importante quando la morte potrebbe sopraggiungere a causa di una «improvvisa» ed inarrestabile aritmia del cuore.
Va sottolineato che le sopraccitate riduzioni di mortalità sono state ottenute in pazienti sottoposti a dieta mediterranea e già trattati al meglio delle attuali conoscenze, con aspirina, beta-bloccanti, ACE-inibitori e statine e pertanto l'effetto del farmaco a base di Omega 3 si è aggiunto a quello dei vari interventi dietetici e farmacologici adottati.
www.medinews.it/files/index.cfm?id_rst=193&id_elm=1331
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